Monica Demi lavora da sedici anni alla Biancoforno, azienda dolciaria con oltre 200 dipendenti a Fornacette, in provincia di Pisa. Dopo sei anni di contratti a termine, nel 2015 è stata assunta a tempo indeterminato, ma con le “tutele crescenti” introdotte dal Jobs Act, entrato in vigore il 7 marzo di quell’anno. Proprio questo regime di tutele ridotte ha reso possibile, racconta oggi, un tentativo di licenziamento punitivo nei suoi confronti.
Delegata sindacale della CGIL, Monica è stata sospesa per quindici giorni nel febbraio scorso dopo aver difeso una collega maltrattata da alcuni caporeparto. “Ho semplicemente svolto il mio ruolo, parlando civilmente con i responsabili davanti a testimoni”, spiega. Il giorno dopo le è stata comunicata la sospensione cautelativa per grave insubordinazione. “Non c’era stato nessuno scontro, nulla che giustificasse una misura simile. Ma il Jobs Act consente di licenziare senza reintegro anche in caso di provvedimento ingiusto”.
Grazie all’intervento della Flai CGIL il licenziamento è stato evitato, ma Monica è convinta che l’intento dell’azienda fosse chiaro: “Colpire una lavoratrice per educarne cento”.
La Biancoforno è già nota per controversie sindacali e per l’assenza di diritti minimi per i lavoratori. Secondo Natasha Merola, segretaria della Flai CGIL di Pisa, “le condizioni sono inaccettabili: turni comunicati su WhatsApp solo all’ultimo momento, uscite dal lavoro decise arbitrariamente, assemblee sindacali negate, lavoratori videosorvegliati per anni e precari da oltre un decennio”.
Circa 3,5 milioni di lavoratori assunti dopo il 2015 si trovano nella stessa condizione di Monica: possono essere licenziati senza la possibilità di reintegro, anche se un giudice stabilisce l’illegittimità del provvedimento. Per questo motivo, il primo dei quesiti referendari sul lavoro proposti dalla Cgil per l’8 e 9 giugno chiede l’abrogazione integrale del Jobs Act, ripristinando le tutele dell’articolo 18 anche per chi è stato assunto dopo il 2015.
“Non è una questione economica – conclude Monica –. È una questione di dignità e giustizia sul lavoro. Per questo è importante andare a votare”.