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Referendum 8 e 9 Giugno – Appello di studiose e studiosi: “Vivere da cittadini, lavorare con dignità”

Referendum 8 e 9 Giugno - Appello di studiose e studiosi: “Vivere da cittadini, lavorare con dignità”

Quaranta figure del mondo universitario e della ricerca lanciano un appello in vista dei referendum dell’8 e 9 giugno, che riguardano temi cruciali: cittadinanza e lavoro.

Viviamo in un’epoca segnata da incertezze, crisi e disuguaglianze crescenti. Anche in Italia la fragilità economica e sociale si fa sentire, in particolare tra i più giovani. In questo scenario, le regole che ci diamo rappresentano l’unico vero strumento per contrastare insicurezza e precarietà.

Negli ultimi anni, alcune scelte politiche hanno peggiorato le condizioni di vita e di lavoro. Ottenere la cittadinanza è diventato più difficile per chi è nato o cresciuto in Italia ma ha origini straniere. Le tutele sul lavoro sono state indebolite, con conseguenze negative su salari, sicurezza e parità di genere. Tutto ciò ha alimentato disillusione e sfiducia, allontanando le persone dalla partecipazione democratica. Ma questa deriva non è irreversibile: è possibile cambiare rotta.

L’8 e 9 giugno si vota su cinque quesiti referendari che propongono di cancellare alcune delle norme che hanno reso più difficile vivere e lavorare dignitosamente in Italia. Ecco di cosa si tratta:

1. Cittadinanza più accessibile:
Ridurre da 10 a 5 anni la residenza legale richiesta per ottenere la cittadinanza italiana da parte di cittadini stranieri maggiorenni. Una riforma che permetterebbe a circa 2,5 milioni di persone di accedere a pieni diritti civili.
Abrogazione della norma del 1992 che ha raddoppiato i tempi per il riconoscimento della cittadinanza.

2. Meno precarietà nel lavoro:
Limitare l’uso dei contratti a tempo determinato, oggi ampiamente diffusi soprattutto tra giovani e donne.
Abrogazione delle norme che hanno liberalizzato il lavoro a termine.

3. Stop ai licenziamenti ingiusti nelle grandi imprese:
Restituire la possibilità di reintegro per chi viene licenziato senza giusta causa nelle aziende con più di 15 dipendenti.
Abrogazione delle norme che oggi impediscono al giudice di reintegrare il lavoratore licenziato ingiustamente.

4. Maggiore tutela anche nelle piccole imprese:
Garantire un trattamento equo ai lavoratori delle aziende con meno di 16 dipendenti, oggi più esposti ai licenziamenti ingiusti.
Abrogazione delle norme che limitano l’indennizzo massimo e impediscono il reintegro.

5. Sicurezza sul lavoro negli appalti:
Contrastare il fenomeno degli infortuni, spesso gravi o mortali, che colpiscono chi lavora in subappalto.
Abrogazione delle norme che escludono la responsabilità dell’impresa appaltante in caso di infortunio.

Questi referendum toccano temi fondamentali: la cittadinanza, la dignità del lavoro, la giustizia sociale, la sicurezza. Oggi, in Italia, 2,5 milioni di persone vivono senza cittadinanza e 5,5 milioni lavorano con contratti precari o part-time, spesso senza tutele adeguate. In maggioranza sono giovani e donne, penalizzati nei salari e nella qualità della vita.

Cambiare è possibile. I referendum offrono un’occasione concreta per invertire la rotta e riportare la politica dalla parte delle persone, della partecipazione, della democrazia.

In un tempo in cui riemergono spinte autoritarie e diseguaglianze, esercitare il diritto di voto è un atto fondamentale per difendere i valori democratici.

Per questo, come studiose e studiosi, ricercatrici e ricercatori, invitiamo a partecipare attivamente al dibattito sul futuro del Paese, e a votare SÌ ai cinque referendum dell’8 e 9 giugno 2025.


 

Primi firmatari:

Alessandra Algostino, giurista, Università di Torino

Roberto Artoni, economista, Università Bocconi

Gaetano Azzariti, giurista, Sapienza Università di Roma

Filippo Barbera, sociologo, Università di Torino

Claudio De Fiores, giurista, Università della Campania Luigi Vanvitelli

Juan Carlos De Martin, ingegnere informatico, Politecnico di Torino

Donatella Della Porta, politologa, Scuola Normale Superiore, Accademia dei Lincei

Marco Doria, storico, Università di Genova, già sindaco di Genova

Giovanni Dosi, economista, Scuola Superiore Sant’Anna, Accademia dei Lincei

Emanuele Felice, economista, Università IULM Milano

Luigi Ferrajoli, giurista, Università Roma Tre

Marianna Filandri, sociologa, Università di Torino

Maurizio Franzini, economista, Sapienza Università di Roma

Fabio Gadducci, informatico, Università di Pisa

Silvio Garattini, medico farmacologo, Presidente Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri

Marco Geddes da Filicaia, medico epidemiologo, esperto di sanità pubblica

Chiara Giorgi, storica, Sapienza Università di Roma

Maria Cecilia Guerra, economista, Università di Modena e Reggio Emilia, Parlamentare

Paola Inverardi, informatica, Rettrice del Gran Sasso Science Institute

Nicola Labanca, storico, Università di Siena

Guglielmo Meardi, sociologo, Scuola Normale Superiore

Tomaso Montanari, storico dell’arte, Rettore dell’Università per stranieri di Siena

Enrica Morlicchio, sociologa, Università di Napoli Federico II

Lia Pacelli, economista, Università di Torino

Francesco Pallante, giurista, Università di Torino

Giorgio Parisi, fisico, Accademia dei Lincei, Premio Nobel per la fisica

Valentina Pazé, filosofa, Università di Torino

Gabriele Pedullà, storico della letteratura, Università Roma Tre

Mario Pianta, economista, Scuola Normale Superiore

Alessandro Portelli, storico, Sapienza Università di Roma

Michele Raitano, economista, Sapienza Università di Roma

Franca Roncarolo, politologa, Università di Torino

Andrea Roventini, economista, Scuola Superiore Sant’Anna

Rodolfo Saracci, epidemiologo, già International Agency for Research on Cancer, Lione

Giorgia Serughetti, filosofa, Università di Milano-Bicocca

Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte, Scuola Normale Superiore, Accademia dei Lincei

Pasquale Tridico, economista, Università Roma Tre, Europarlamentare

Nadia Urbinati, politologa, Columbia University, New York

Gianfranco Viesti, economista, Università di Bari Aldo Moro

Marco Vivarelli, economista, Università Cattolica del Sacro Cuore

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